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CONSIDERAZIONE CIRCA L’USO DELL’OZONO NELLA PREVENZIONE E NEL TRATTAMENTO DA CORONAVIRUS

Studio ISCO3 INTERNATIONAL SCIENTIFIC COMMITTEE OF OZONE THERAPY

L’ozono può essere utilizzato per la disinfezione, il suo massimo effetto antivirale richiede un breve periodo di emanazione del gas durante il quale gli spazi devono essere liberi da persone e animali per la relativa tossicità legata all’inalazione di ozono.

La terapia sistemica endovenosa, può essere potenzialmente utilizzata nell’infezione da SARS-CoV-2.

Il meccanismo d’azione consiste:

  1. induzione di un sistema adattativo allo stress ossidativo con riequilibrio dello stato cellulare REDOX
  2. induzione nella formazione di INF gamma e di citochine pre infiammatorie (effetto iniziale)
  3. l’aumento del flusso sanguigno e dell’ossigenazione dei vari organi vitali (rene/cuore/polmoni)
  4. potenzialità di agire come un autovaccino quando somministrato in muscolo.

In Cina sono partiti con almeno tre studi con l’uso complementare dell’ozonoterapia che non si sostituisce ma si integra alle terapie standardizzate.

Anche in Italia grazie al contributo della nostra società e cioè la NUOVA FIO e l’impegno del dott. Federico Berni, specialista in medicina d’emergenza e utilizzatore di ossigeno ozonoterapia da circa 15 anni, sono stati proposti protocolli di utilizzo della metodica in alcune strutture ospedaliere italiane.

Confidiamo di poter avere al più presto dati a riguardo.

Vi terrò informati.

 

Cristina Beccaria

 

 

 

CONSIDERAZIONI: ANDRA’ TUTTO BENE SE…

In questo momento particolare che ci troviamo a vivere sorgono spontanee alcune domande alle quali non è facile dare una risposta immediata:

  1. perché il virus colpisce maggiormente una certa fascia di età
  2. perché alcuni soggetti non presentano sintomi
  3. perché è più frequente negli uomini
  4. perché ha colpito maggiormente alcune regioni

Dobbiamo ragionare molto ma almeno una considerazione la voglio fare:

credo che lo stato infiammatorio del nostro organismo, inteso come quella “silent inflammaging” di cui spesso non ci accorgiamo e che dipende dalla concentrazione di interleuchina 6 nel nostro corpo è sicuramente un fattore predisponente allo sviluppo della infezione ed è direttamente correlata alla distribuzione del grasso corporeo. Mai come ora assume un’importanza fondamentale l’adesione a corretti stili di vita che ci consentano di farci trovare pronti alle evenienze negative.

L’aumento del grasso viscerale aumenta l’infiammazione silente indispensabile pertanto a mantenere la cintura addominale al di sotto dei 92 cm nei maschi e degli 80 nelle donne.

Mantenere la matrice (spazio tra le cellule) pulita e disintossicata garantisce una miglior possibilità di scambio informazionale tra le cellule di produzione e smaltimento di ormoni e tossine.

Una sana attività fisica quotidiana favorisce la produzione di citochine antinfiammatorie.

L’astensione dal fumo mantiene i polmoni puliti. Un’alimentazione antinfiammatoria è fondamentale per non acidificare il nostro organismo.

Abbiamo inoltre assolute evidenze sull’esistenza di una relazione complessa e bidirezionale tra microbiota intestinale e organismo ospite che è indispensabile per il mantenimento dello stato di salute e per la prevenzione dell’insorgere di patologie multiple.

Possiamo inoltre favorire uno stato di benessere attraverso l’uso di numerosi integratori che si possono affiancare ad eventuali terapie tradizionali per la cura di patologie croniche.

Per la prevenzione e la modulazione di una possibile infezione virale futura è quindi necessario sia curare in maniera adeguata le patologie croniche di cui l’individuo è affetto auspicando una maggior compliance alle terapie sia rispettando e promuovendo sempre di più uno stile di vita sano che non ci faccia trovare impreparati alle emergenze.

Rafforzare l’immunità per affrontare l’epidemia di COVID-19 con i suggerimenti della Medicina Funzionale

Condivido con piacere questo articolo del dott Massimo Spattini…

 

Aumentare le difese immunitarie

Con la diffusione del coronavirus COVID-19l’Istituto di Medicina Funzionale desidera ricordare che ci sono diversi passaggi che è possibile adottare per ridurre le possibilità di esposizione ai virus respiratori e per rafforzare la propria immunità. Le seguenti informazioni indicano cosa puoi fare per proteggere te stesso e la tua famiglia.

Strategie di prevenzione in linea con i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie

Comportamento

Lavaggio delle mani: il modo più consolidato per prevenire le infezioni respiratorie come l’influenza stagionale e il coronavirus è il lavaggio frequente e accurato delle mani con acqua e sapone. Strofina accuratamente le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi.

Disinfettante per le mani: il lavaggio delle mani con acqua e sapone è il modo migliore per ridurre i germi, ma se non sono disponibili, i disinfettanti per le mani a base di alcol che contengono almeno il 60% di alcol possono aiutare a ridurre la diffusione dell’infezione.

Nota: evitare qualsiasi prodotto contenente triclosan, un noto agente chimico che altera gli ormoni.

Coprire bocca e naso: copri bocca e naso con un fazzoletto quando tossisci o starnutisci; se le tue mani non sono libere o non hai un fazzoletto, tossisci o starnutisci nella manica, non nelle mani nude.

Non toccare il viso: evitare di toccare gli occhi, il naso e la bocca con mani non lavate, che possono aiutare a fornire al virus una via di ingresso nel corpo. Dato che l’individuo medio si tocca il viso in media 15 volte all’ora, fai attenzione!

Mantenere pulite le superfici: pulire e disinfettare le superfici toccate di frequente, specialmente quando qualcuno è ammalato. Le superfici da considerare includono le maniglie delle porte, i telefoni, le tastiere del computer, i telecomandi e le altre superfici che vengono spesso toccate come quelle del bagno e della cucina.

Stile di vita

Riduzione dello stress: lo stress cronico può alterare negativamente le risposte del sistema immunitario, aumentando le probabilità di ammalarsi. Identifica le tue strategie personali di riduzione dello stress e praticale regolarmente.

Sonno: il sonno ha una grande influenza sulla funzione immunitaria, quindi è essenziale dormire molto. Pratica una buona igiene del sonno e mantieni costanti le ore di sonnospegni gli schermi, assicurati che la stanza sia fresca, silenziosa e buia e imposta un promemoria per aiutarti ad andare a letto presto e sempre alla stessa ora.

Esercizio: un’attività fisica moderata e regolare aiuta a rafforzare la funzione del sistema immunitario aumentando i livelli di globuli bianchi e di anticorpi che combattono le infezioni, aumentando la circolazione e diminuendo gli ormoni dello stress. Stabilire e seguire un programma di esercizi per aiutare non solo a prevenire le infezioni respiratorie, ma anche a migliorare la capacità di recupero cognitivo e fisico.

Alimenti / dieta nutrienti: la ricerca indica che frutta e verdura dai colori vivi aumentano l’immunità meglio della maggior parte degli integratori. Mangia molta frutta e verdura: punta a 10 porzioni al giorno. Includi anche verdure fermentate o altri alimenti contenenti probiotici.

Mezzi naturali per rafforzare l’immunità

La maggior parte dei farmaci da banco tratta solo i sintomi delle infezioni virali e non aiuta il sistema immunitario a combattere l’infezione. Sebbene non vi siano ricerche per determinare cosa sia efficace in modo specifico per il coronavirus, quelle che seguono sono alcune delle modalità naturali che è possibile utilizzare sia per affrontare i sintomi che per rafforzare il sistema immunitario in caso di malattia.

Cura di sé: quando si combattono le infezioni delle vie respiratorie superiori, le priorità principali sono l’abbondanza di idratazione e il riposo. Bevi molti liquidi. Anche i brodi vegetali o di ossa fatti in casa sono estremamente utili. Varie tisane/bevande calde possono aiutare con l’idratazione e ridurre i sintomi: buone scelte includono la menta piperita, lo zenzero, l’eucalipto, la camomilla e l’acqua calda con limone, miele e cannella.

Mal di gola: i gargarismi con acqua salata sono eccellenti per allentare il muco e aiutare a respingere le infezioni batteriche della gola. Tè caldi contenenti olmo scivoloso sono eccellenti agenti emollienti (per alleviare il bruciore e l’infiammazione delle mucose) per calmare il mal di gola irritato.

Due cucchiai di miele in acqua calda possono anche aiutare a lenire e ridurre l’infiammazione e il mal di gola. I tè alla camomilla e alla menta piperita sono anche utili per calmare il mal di gola irritato, così come i tè o le infusioni a base di radice di Althaea officinalis e radice di liquirizia, possono agire da calmanti emollienti.

Congestione respiratoria e seni paranasali: per la congestione respiratoria, utilizzare un umidificatore, dei vaporizzatori o inalatori di vapore o trascorrere del tempo in bagni o docce con vapore. Vaporizzatori e inalatori possono anche essere usati con decongestionanti o oli essenziali come eucalipto, mentolo, menta piperita o incenso.

Gli spray nasali allo xilitolo sono molto utili, così come l’irrigazione nasale. La soluzione salina tampone è facile da preparare o può essere acquistata in dosi ed elimina qualsiasi irritazione delle mucose delicate.

Integratori, nutrienti e alimenti per supportare la funzione immunitaria

Esistono diversi nutrienti, sostanze vegetali a base vegetale e integratori che possono aumentare la funzione immunitaria e dare sollievo dai sintomi durante la malattia e possono aiutare anche a ridurre il decorso della malattia stessa. Per la prevenzione e il trattamento delle infezioni virali delle vie respiratorie superiori, considerare alcuni dei seguenti integratori.

Vitamina C: la vitamina C può aiutare a prevenire le infezioni, comprese quelle causate da batteri e virus. È stato dimostrato che la vitamina C somministrata regolarmente riduce la durata del raffreddore e dosi più elevate di vitamina C durante una malattia possono anche fungere da antistaminico naturale e antinfiammatorio.

Vitamina D: la vitamina D, nota come “vitamina del sole”, è uno dei nutrienti più importanti e potenti per il supporto del sistema immunitario. Numerosi studi hanno dimostrato che aiuta a ridurre il rischio di raffreddore e influenza. Sfortunatamente, un’alta percentuale della popolazione è carente, quindi l’integrazione giornaliera (idealmente sotto forma di vitamina D3) offre la migliore protezione.

Vitamina A: per un uso a breve termine e in particolare per quelli con una carenza moderata di vitamina A, l’integrazione può essere estremamente utile nel supportare la capacità del corpo di combattere le infezioni, in particolare per quanto riguarda le infezioni respiratorie.

Zinco: lo zinco svolge un ruolo significativo nel rafforzare l’immunità. Lo zinco può aiutare a ridurre la frequenza delle infezioni, nonché la durata e la gravità del raffreddore quando assunto entro 24 ore dall’esordio.

Selenio: il selenio, un nutriente chiave per la funzione immunitaria, è anche un antiossidante che aiuta a rafforzare le difese dell’organismo contro batteri, virus e cellule tumorali. Può essere particolarmente utile per proteggere da alcuni ceppi del virus dell’influenza. Il selenio è facilmente ottenuto dagli alimenti, ad esempio con il consumo di noci del Brasile.

Miele: il miele è un buon emolliente (allevia il bruciore e l’infiammazione delle mucose), ha proprietà antiossidanti e ha alcuni effetti antimicrobici. È utile per la tosse e il mal di gola e può essere aggiunto al tè caldo.

Estratto/sciroppo di sambuco: il sambuco può essere utile nel ridurre la durata e la gravità dell’influenza. E’ stato dimostrato che aiuta a prevenire l’infezione da virus dell’influenza, oltre a dimostrare potenti proprietà antivirali che possono aiutare a ridurre la durata e i sintomi dell’influenza. Tuttavia, in alcune persone con malattie autoimmuni può essere necessaria cautela nell’uso del sambuco, a causa del meccanismo con cui stimola il sistema immunitario.

Aglio: l’aglio contiene una varietà di composti che possono influenzare l’immunità. Alcuni studi hanno dimostrato che sia l’aglio fresco, sia l’estratto di aglio invecchiato e alcuni altri integratori di aglio possono ridurre la gravità dell’infezione virale delle vie respiratorie superiori e funzionare nella prevenzione dell’infezione da virus che possono causare raffreddori.

Probiotici: i probiotici contengono “batteri buoni” che non solo supportano la salute dell’intestino ma influenzano anche il funzionamento e la regolazione del sistema immunitario. Gli studi hanno dimostrato che l’uso di probiotici può ridurre il numero di infezioni respiratorie, in particolare nei bambini.

 

Nota del Redattore: questo articolo ha lo scopo di identificare solo le modalità che possono rafforzare il sistema immunitario. Non ha lo scopo di raccomandare alcun trattamento, né alcuna di queste modalità è stata dimostrata efficace contro il coronavirus. Consultare sempre il proprio medico o operatore sanitario prima di utilizzare una di queste modalità.

 

Riferimenti

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CORONAVIRUS, ISS: CONSIGLI PER LE DONNE IN GRAVIDANZA E IN ALLATTAMENTO

(Articolo

del 28 febbraio 2020 tratto da Doctor 33.it)

 

 

L’istituto Superiore di Sanità ha pubblicato sul proprio sito una serie di consigli per le donne in gravidanza e in allattamento relativamente all’emergenza coronavirus.

Nello specifico l’Istituto raccomanda:

Per le donne in gravidanza:

  1. In assenza di un vaccino contro il Sars-CoV-2 e di informazioni circa la suscettibilità delle donne incinte alla patologia da nuovo coronavirus, ti raccomandiamo le comuni azioni di prevenzione primaria che prevedono l’igiene frequente ed accurata delle mani e l’attenzione ad evitare il contatto con soggetti malati o sospetti, secondo le raccomandazioni del Ministero della Salute e delle istituzioni internazionali (estese anche ai contatti delle donne in gravidanza);

 

  1. Allo stato attuale delle conoscenze per le donne affette da Sars-CoV-2 non c’è indicazione elettiva al taglio cesareo. Per quanto riguarda la gestione ospedaliera dei casi sospetti o certi si rimanda a quanto raccomandato per la gestione delle condizioni infettive incluso, qualora necessario, l’isolamento di madre e/o neonato. Una scelta, quest’ultima, che deve essere attentamente ponderata dal team ospedaliero insieme alla madre, valutando i rischi e i benefici di questa scelta. Non è noto comunque se avvenga la trasmissione verticale, cioè dalla madre al feto, della Sars-CoV-2: dai primi casi descritti il virus non è stato rilevato nel liquido amniotico o nel sangue neonatale prelevato da cordone ombelicale e nessun neonato nato da madre affetta da Sars-CoV-2 è risultato essere positivo al virus.

 

Per le donne che allattano:

  1. Date le informazioni scientifiche disponibili al momento e il potenziale protettivo del latte materno, si ritiene che, nel caso in cui la madre stia facendo gli accertamenti diagnostici o sia affetta da Covid-19, le sue condizioni cliniche lo consentano e lei lo desideri, l’allattamento debba essere avviato e/o mantenuto, direttamente al seno o con latte materno spremuto. Va detto infatti che il virus responsabile della Covid-19 non è stato rilevato finora nel latte materno dopo la prima poppata (colostro) delle donne affette; in almeno un caso invece sono stati rilevati anticorpi anti Sars-CoV-2.

 

  1. Per ridurre il rischio di trasmissione al bambino/a, si raccomanda l’adozione di misure preventive come l’igiene delle mani e l’uso della mascherina durante la poppata, secondo le raccomandazioni del Ministero della Salute. Nel caso in cui madre e bambino/a debbano essere momentaneamente separati, si raccomanda di aiutare la madre a mantenere la produzione di latte attraverso la spremitura manuale o meccanica. Anche la spremitura del latte, manuale o meccanica, dovrà essere effettuata seguendo le stesse indicazioni igieniche.

 

Inquinamento, interferenti endocrini e salute: una nuova sfida

Vi riportiamo l’articolo scritto da Cristina Gioja sul  sito Agemony.com.

 

Un impegno che coinvolge il mondo intero

Negli ultimi decenni il tema dell’inquinamento ambientale e delle sue conseguenze sulla salute è diventato una vera emergenza a livello mondiale. Il grande sviluppo dell’industria è andato di pari passo con la produzione e il rilascio nell’ambiente di centinaia di nuove sostanze chimiche, l’effetto delle quali si è dimostrato spesso controverso, manifestandosi come nocivo negli anni successivi alla loro introduzione.

Diversi studi sulla sicurezza hanno permesso di identificare una lista di sostanze chimiche ufficialmente dichiarate come nocive e dunque soggette a proibizione o a restrizioni nell’utilizzo (anche se i regolamenti variano notevolmente), accanto ad altre sostanze delle quali si sospetta una azione tossica e per le quali dovrebbe sempre vigere un principio di precauzione.

E’ importante sottolineare che alcune sostanze, indicate come nocive dal regolamento REACH per l’Unione Europea, sono invece utilizzate in Paesi extra-europei: pertanto la Comunità Europea ha vietato la commercializzazione di tali prodotti e, se individuati sul mercato, la pronta rimozione degli stessi.

Una particolare categoria di sostanze chimiche della quale ci accingiamo a parlare è quella dei cosiddetti “interferenti endocrini”, e in particolare, degli ftalati.

Credits Plastic World

Gli interferenti endocrini: un pericolo nascosto nell’ambiente

Secondo una recente classificazione dell’Unione Europea, esistono 66 sostanze riconosciute ufficialmente come interferenti endocrini, mentre altre 52 molecole sono oggetto di studio perché sospettate di avere effetti patologici sul sistema neuro-endocrino.

Una volta introdotti – per via cutanea, orale o respiratoria – alcuni tipi di interferenti mimano gli ormoni, legandosi ai recettori delle cellule bersaglio e riproducendo gli effetti, ad esempio, degli estrogeni o degli ormoni tiroidei. Vari tipi di cancro sono ormono-sensibili (tumore dell’ovaio, della mammella, della prostata), perciò gli interferenti endocrini possono causare lo sviluppo del cancro e/o una recidiva dello stesso.

Altri tipi di interferenti si legano al recettore cellulare che accoglierebbe normalmente gli ormoni, impedendone il legame (ad esempio, interferenti anti-estrogeni o anti-androgeni) con danni della crescita e del metabolismo. Infine, altri tipi di interferenti bloccano o modificano il metabolismo ormonale agendo su un certo organo o un certo tipo di ghiandole (ad esempio, il fegato).

Azione dei perturbatori endocrini. Credits casaqa.com

Cosa sono gli ftalati?

Gli ftalati sono esteri dell’acido ftalico, i quali hanno avuto un notevole incremento di produzione negli anni Cinquanta, quando venne immesso sul mercato il PVC, materia plastica estremamente versatile con molteplici utilizzi a livello industriale e tessile.

Il PVC puro è rigido, quindi per renderlo malleabile e flessibile a basse temperature viene miscelato con altre sostanze plastificanti, fra le quali gli ftalati. Perciò, gli ftalati vengono utilizzati nella realizzazione di oggetti in plastica e di indumenti, negli smalti per unghie, nelle vernici, negli adesivi, e sono usati come solventi in profumi e pesticidi.

Nell’organismo gli ftalati si comportano come interferenti endocrini: in particolare nella donna aumentano il rischio di cancro delle ovaie e della mammella mentre nell’uomo, agendo sulle cellule che provvedono alla spermatogenesi e all’omeostasi degli spermatozoi, possono causare infertilità oltre al tumore alla prostata.

Essi inoltre agiscono sul fegato alterando il metabolismo.

Credits Meteoweb

Gli ftalati passano nel cibo che poi mangiamo

Essendo contenute nella plastica, queste sostanze passano facilmente nei cibi e nelle bevande, specie se caldi (pensiamo al mettere il cibo appena preparato in un porta pranzo… di plastica!) o freddi (cibi avvolti in pellicola e conservati in frigorifero, in particolare carne e formaggi). Recentemente, l’IKEA ha ritirato dal mercato un bicchiere da viaggio, prodotto in India, il quale rilasciava una quantità di DBP (che è uno ftalato) superiore alla norma.

Una ricerca americana pubblicata nel 2014 (https://ehjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/1476-069X-13-43) ha dimostrato che le diete a prevalenza di carne, grassi animali (specie burro, margarina, latte) e di fast food sono responsabile di un maggior introito di ftalati, con le conseguenze che abbiamo descritto. La maggiore presenza di ftalati in questo tipo di cibi è legata a vari fattori, inclusi la loro preparazione e conservazione. Un’altra fonte di ftalati sono le creme per il corpo e i cosmetici.

Credits MegaNews

Suggerimenti per diminuire l’assunzione di ftalati

Modificando alcune abitudini quotidiane, possiamo diminuire il carico tossico degli ftalati assunti attraverso la dieta e l’utilizzo di materie plastiche:

1 – Preferire alimenti a basso contenuto di grassi animali e soprattutto freschi

2 – Non conservare i cibi in materiali plastici, ma preferire il vetro, l’acciaio e la ceramica

3 – Non versare liquidi caldi in contenitori plastici in policarbonato (ad esempio: zuppe, caffè, tè)

4 – Preferire prodotti con marchio CE e controllare comunque le etichette

5 – Ridurre al minimo l’utilizzo di prodotti cosmetici contenenti ftalati e cercare sostanze più naturali (ad esempio: burro di karitè, idrolati, oli essenziali)

6 – Depurare periodicamente l’organismo, utilizzando sostanze naturali con azione chelante 

7 – Provvedere a mantenere nella dieta buoni livelli di antiossidanti (ad esempio vitamina C, resveratrolo, papaya fermentata) e di prebiotici per l’equilibrio della flora intestinale.

 

CORONAVIRUS, CHIARIMENTI SUI RISCHI DI TRASMISSIONE DA CIBO

(Articolo di Francesca De Vecchi

del 27 febbraio 2020 tratto da Doctor33.it/nutrizione/)

Come dice l’Istituto Superiore di Sanità la situazione in merito all’epidemia influenzale COVID-19 oggi in atto è in rapida evoluzione e quindi “le informazioni che vengono date dalle fonti ufficiali potrebbero risultare non allineate con i dati più recenti disponibili”. Vogliamo però fare il punto su quanto si sa in merito alla relazione virus 2019-nCoV – alimenti.

I coronavirus sono comuni in molte specie animali (come i cammelli e i pipistrelli) ma in alcuni casi, anche se raramente, possono evolversi e infettare l’uomo per poi diffondersi a quest’ultimo, compiendo quello che viene definito un salto di specie (spill over), fenomeno che si pensa sia all’origine anche del nuovo 2019-nCoV.

Quello che si può dire ora è che il nuovo coronavirus 2019-nCoV “dalle analisi genetiche e dai confronti con le sequenze di altri coronavirus da diverse specie animali, sembra essere originato da pipistrelli”. Ma come per SARS-CoV e MERS-CoV, si ipotizza che la trasmissione non sia avvenuta direttamente da pipistrelli all’uomo, ma che vi sia stato un altro animale ancora da identificare che ha agito da trampolino di lancio verso l’uomo. Si pensa ad alcune specie di serpenti, frequentemente venduti nei mercati di animali vivi, ma lo studio scientifico che ha proposto questa ipotesi è stato criticato da alcuni studiosi perché non è chiaro – dicono questi ultimi – se i coronavirus possano infettare i serpenti.

Ad oggi infatti la fonte dell’infezione è ancora da definire in modo certo.

Sono abbastanza realistiche tuttavia le ipotesi avanzate sin dall’inizio dell’epidemia, che legano la trasmissione del virus ad abitudini alimentari che non osservano condizioni igieniche di base. Il riferimento è ai mercati di animali vivi diffusi in Asia ma anche in Africa, i cosiddetti wet market – cioè mercati bagnati – che devono appunto il loro nome all’abbondante quantità di acqua usata per ripulire i pavimenti. Qui si vendono animali vivi di ogni tipo (anche selvatici) destinati all’alimentazione umana ma le condizioni igieniche dovute alla promiscuità fra animali, alimenti derivati da questi e l’uomo, sono scarse. Il coronavirus (SARS-CoV) identificato come agente eziologico della SARS, per esempio, è arrivato all’uomo passando per diverse specie animali tra cui pipistrelli, zibetto dell’Himalaya (Paguma larvata) e procione (Nyctereutes procyonoides), e la trasmissione tra le varie specie animali e l’uomo si suppone sia avvenuta nei mercati di animali vivi

nella provincia cinese del Guangdong.

Per la maggior parte dei casi COVID-19 è stata evidenziata un’associazione epidemiologica (esposizione) con il mercato Wuhan, dove venivano venduti frutti di mare, ma anche pollame, serpenti, pipistrelli e altri animali d’allevamento (fonte SIM e Vep).

La malattia è dunque una zoonosi. Tuttavia, conferma l’ISS, le conoscenze di cui si dispone dicono che la trasmissione di questo virus non avviene per via alimentare poiché le malattie respiratorie normalmente non passano con il cibo.

Vale però. a maggior ragione nella situazione attuale di allarme globale, la regola di osservare con gli alimenti una scrupolosa igiene: i cibi devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche (lavaggio delle mani in primis) ed evitando il contatto tra alimenti crudi e cotti.

E in merito ai prodotti alimentari provenienti dalla Cina? Come per l’importazione di animali e prodotti di origine animale, a causa della situazione sanitaria degli animali in Cina, solo pochi alimentari di origine animale sono oggi autorizzati per l’importazione nell’UE, a condizione che soddisfino rigorosi requisiti sanitari e siano sottoposti a controllo. Solo pochi animali vivi e prodotti animali non trasformati sono poi autorizzati per l’importazione. Al contrario i viaggiatori che entrano nel territorio doganale dell’UE e provenienti dalla Cina non possono trasportare nel bagaglio carne, prodotti a base di carne, latte o prodotti lattiero-caseari.

TUMORI. CONFERMATA ORIGINE VIRALE DI MOLTI TIPI DI CANCRO: STUDIO TEDESCO HA TROVATO TRACCE DI VIRUS NEL 13% DEI 2600 CASI ESAMINATI

11 febbraio – Si sapeva già che alcune infezioni virali sono in grado di favorire lo sviluppo di tumori. Il virus dell’epatite B, il virus di Epstein- Barr e i papillomavirus ad esempio, sono correlati rispettivamente ai tumori del fegato, a tumori allo stomaco e linfomi e ai tumori di testa, collo e cervice uterina. Ora un nuovo studio condotto dai ricercatori del German Cancer Research Center ha analizzato la presenza di virus in 2600 campioni di tumore alla ricerca di nuovi virus potenzialmente oncogeni e ha scoperto tracce di virus nel 13%dei casi.

 

Quali virus sono associati all’insorgenza del cancro? In che modo le infezioni possono favorire lo sviluppo di tumori? Se si riuscisse a rispondere con precisione a queste domande, si potrebbero prevenire alcuni tumori semplicemente con un vaccino.

Ad oggi sappiamo che diversi virus, in concomitanza o meno con fattori ambientali, sono la causa di tumori: il virus di Epstein-Barr (EBV) aumenta il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro come i linfomi; il virus dell’patite B (HBV) e C sono associati al 70/ 85% dei casi di epatocarcinoma; i papillomavirus sono invece associati al cancro della cervice uterina, c’è poi i virus della leucemia a cellule T di tipo 1.

Per identificare altri tipi di virus gli scienziati del German Cancer Research Center hanno studiato sistematicamente il Dna di oltre 2600 campioni di tumore da pazienti affetti da 38 tipi diversi di cancro. Hanno osservato tracce di virus nel 13% dei casi e sono riusciti ad identificare alcuni dei meccanismi messe in atto dai patogeni che portano a mutazioni cancerogene del Dna dell’ospite. Il rapporto dei ricercatori è stato pubblicato sulla rivista Nature Genetics, il lavoro fa parte dell’analisi Pan-Cancer of Whole Genomes (PCAWG), un’iniziativa lanciata dall’International Cancer Genome Consortium (ICGC).

I ricercatori hanno effettuato un’analisi bioinformatica completa dei dati provenienti dal sequenziamento dei genomi tumorali. Hanno scoperto le tracce di 23 tipi di virus in totale, in 356 pazienti. Come previsto, hanno identificato il virus di Epstein-Barr, responsabile in particolare di linfomi e carcinomi gastrici e rinofaringei: era presente nel 5,5% dei genomi studiati. Il Dna dell’epatite B, invece, è stato trovato in 32 dei 330 casi di cancro al fegato e il papillomavirus in 19 dei 20 casi di carcinomi cervicali studiati e in 18 dei 59 casi di tumori della testa e del collo. Il team ha individuato altri virus noti per la loro associazione con lo sviluppo di tumori, come un retrovirus nel carcinoma renale. Lo studio non ha portato alla scoperta di virus completamente sconosciuti.

Il modo in cui i virus riescono a trasformare le cellule e ad esercitare un potere oncogeno variano da un ceppo all’altro. Il meccanismo più comune osservato dai ricercatori è l’integrazione del genoma del virus all’interno del Dna della cellula ospite. Se il virus si inserisce nel punto giusto, questo provoca delle mutazioni cancerogene, come succede con i papillomavirus e con il virus dell’epatite B. “Abbiamo spesso osservato l’integrazione del Dna dell’HPV nel promotore della telomerasi: questo interruttore genetico guida la produzione della telomerasi, conosciuta come l’enzima dell’immortalità, mutato in molti tipi di cancro”, ha spiegato Marc Zapatka, autore principale dello studio.

A volte invece, è la risposta delle cellule che si difendono dall’infezione virali a causare le mutazioni genetiche alla base dei tumori. Per attaccare il virus infatti, la cellula produce degli enzimi, detti APOBEC, che però, se non sono regolati correttamente, possono provocare mutazioni del Dna della cellula stessa.

L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che oltre il 15% di tutti i tumori sia direttamente o indirettamente attribuibile a patogeni infettivi. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione ha classificato 11 agenti patogeni diversi – virus, batteri e vermi – come cancerogeni e stima che un tumore su 10 sia collegato a virus. In questo studio i ricercatori hanno scoperto “tracce di virus in un numero considerevolmente maggiore di tumore, rispetto a quanto osservato negli studi precedenti, che si erano basati esclusivamente sull’analisi dell’RNA”, ha osservato Peter Lichter, autore senior dello studio. “Cionostante – ha detto – non siamo stati in grado di confermare la speculazione comune secondo cui altri virus, ancora sconosciuti, siano associati al cancro.”

 

Articolo di Camilla De Fazio

Tratto da AOGOI (Associazione Ospedaliera Ginecologi Ostetrici Italiani)

MEMORIE EMOZIONALI

Rielaborazione dell’articolo di PAOLA BATTOCCHIO e JERRY DIAMANTI su SCIENZA E CONOSCENZA ottobre/dicembre 2019

Recenti studi scientifici hanno dimostrato che esiste uno stretto collegamento tra la nostra vita da adulti e le memorie emozionali dal concepimento ai primi anni di vita. Da ciò si intuisce che alcune emozioni e sensazioni noi le viviamo già durante la nostra vita nel grembo materno e quasi sicuramente alcune FERITE hanno un andamento transgenerazionale e quindi dipendono dai nostri avi. La EPIGENETICA studia come le esperienze possano modificare il codice genetico individuale: ci possono essere modificazioni del nostro FENOTIPO che si verificano senza cambiamenti della sequenza del DNA. Il cambiamento dei nostri geni attraverso gli stimoli ambientali avviene per mezzo di processi di metilazione che è quindi naturale ma che può diventare patologico se è eccessivo. L’ambiente intrauterino innesca una memoria a livello biochimico e genetico che si può manifestare anche dopo molti anni e che comprende tutti i processi quali respirazione, digestione ma anche strutture legate alla personalità, la regolazione degli affetti e le relazioni interpersonali.

Le memorie PERINATALI sono le fondamenta sulle quali si costruiscono le NEUROPERSONALITA’ e le capacità intellettive dell’individuo. Molti fattori di stress vissuti dai genitori durante la gravidanza o eventi traumatici durante la gestazione o nei primi mesi di vita possono condizionare lo sviluppo neuronale del neonato, l’immunità e il sistema endocrino. Alti livelli di cortisolo in gravidanza influenzano lo sviluppo neuroendocrino del feto. Oggi si dà notevole importanza anche ai disordini della trascrizione del DNA per metilazione alterata da fattori ambientali, nel comportamento delle cellule tumorali.

Tutti i cambiamenti EPIGENETICI accorsi in ambito perinatale vanno a promuovere disfunzioni del sistema NEUROVEGETATIVO che causano, attacchi di panico, stati d’ansia, emicrania e problemi immunitari.

Già agli inizi del 1900 si riconosceva la possibilità che l’evento nascita con la separazione dalla madre, potesse essere considerata il precursore dei sintomi dell’età adulta.

Per quanto riguarda la nascita possono accadere dinamiche in cui non è possibile sperimentare impulsi primari. Per esempio se il neonato nasce da un parto cesareo non ha la possibilità di utilizzare e sentire la spinta dell’attraversamento del canale del parto, oppure quando ci sono limitazioni nei movimenti e nella respirazione per anomale posizioni del cordone ombelicale, queste interferenze possono rimanere come IMPRONTE EMOZIONALI.

Anche l’assenza di un adeguato contatto fisico con la madre può generare FERITE DURATURE.

Tutte le esperienze fatte a partire dal concepimento e dai primi anni di vita, hanno influenza su come le persone saranno in relazione con sé stesse, con il proprio corpo e con gli altri e su come moduleranno i vari processi di regolazione metabolica ed endocrina.

Ogni singola esperienza di vita nel suo continuum può modificare o influenzare la epigenetica che ha quindi una elevata capacità trasformativa.

I sintomi che ogni persona manifesta e le malattie a cui va incontro, sono influenzate dalla memoria e della elaborazione delle esperienze e delle ferite emozionali che ci accompagnano dal preconcepimento alla nascita e nei primi anni di vita. In tutto ciò le nostre singole esperienze intese come interazioni tra noi e l’ambiente, e le nostre RELAZIONI, cioè il rapporto con gli altri, interferiscono in maniera significativa con le nostre malattie, arrivando ad indurre addirittura modificazioni genetiche.

Impariamo pertanto a riconoscere le nostre ferite e le nostre paure e cerchiamo di rielaborarle anche attraverso l’aiuto di specialisti. Affidiamoci all’AMORE per noi stessi e alla capacità del PERDONO per rimodulare il nostro IO più profondo.

MENOPAUSA PRECOCE? POTREBBE DIPENDERE DA UNO “SCAMBIO BIOLOGICO”

24 gennaio – Una frequente attività sessuale è tradotta dal corpo femminile come un segnale di disponibilità alla fecondazione. Se i rapporti invece poco frequenti, il corpo sceglie di non “investire” nell’ovulazione. Questo scambio biologico, secondo uno studio pubblicato dalla rivista Royal Society Open Science, contribuirebbe a definire il timing della menopausa.

(Reuters Health) – Le donne che hanno rapporti sessuali almeno una volta al mese presentano un rischio inferiore di entrare precocemente in menopausa, presto rispetto a quelle con una vita sessuale meno attiva. L’evidenza – che emerge da uno studio condotto sui dati di circa 3 mila donne statunitensi – lascia supporre che alla base di questo fenomeno vi sia una forma di scambio di energia biologica.

Nello studio le donne che avevano un’attività sessuale frequente (una o più volte a settimana) hanno fatto registrare il 28% in meno di probabilità di entrare in menopausa rispetto a chi segnalava di fare sesso con cadenza mensile.

“Se una donna non ha rapporti sessuali e non ci sono possibilità di gravidanza, il corpo ‘sceglie’ di non investire nell’ovulazione, perché sarebbe inutile”, di Megan Arnot, dello University College London (UCL), che ha co-diretto la ricerca. Ciò determinerebbe una sorta di “scambio biologico” il corpo devia le risorse energetiche destinandole alla protezione e alle cure della progenie eventualmente esistente. Secondo Arnot i risultati danno consistenza all’idea che la menopausa umana in origine si sia sviluppata per ridurre il conflitto riproduttivo tra generazioni di donne e per consentire alle donne più adulte di aumentare la loro forma fisica investendo nei nipoti.

“Chiaramente, la menopausa è inevitabile per le donne e non esiste alcun intervento comportamentale che impedisca la cessazione riproduttiva”, dice Ruth Mace, docente di antropologia presso l’UCL che ha lavorato allo studio con Arnot. “Tuttavia, i risultati dello studio indicano che il timing della menopausa potrebbe essere adattivo in risposta alla probabilità di una gravidanza”.

La ricerca è stata pubblicata dalla rivista Royal Society Open Science e si è basata sui dati dello U.S. Study of Women’s Health Across the Nation, anche noto come studio SWAN.

Fonte: Royal Society Open Science

Reuters Staff

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

Tratto da: AOGOI Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani

INQUINAMENTO AMBIENTALE

I danni dell’inquinamento atmosferico nella salute dell’uomo sono noti ed innumerevoli.

Ogni anno 7.000.000 di persone muoiono per le conseguenze dell’inquinamento atmosferico.

Molte malattie ne sono condizionate: asma, diabete, stress, psicosi, tumori ecc.

Le sostanze inquinanti sono:

  • di tipo chimico (metalli pesanti, pesticidi, interferenti endocrini, coloranti e conservanti);
  • di tipo fisico (radiazioni ionizzanti, campi elettromagnetici);
  • di tipo biologico (batteri, funghi, virus, parassiti);

Ci vengono trasmesse attraverso acqua, cibo, aria, indumenti, cosmetici, detersivi ecc..

Il nostro sistema immunitario interagisce ogni giorno con sostanze chimiche ma non sempre è in grado di distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo.

Una delle conseguenze delle esposizioni a sostanze nocive è la SILENT INFLAMMAGING che sta alla base di tantissime patologie: malattie allergiche, cardiovascolari, neurodegenerative, tumorali.

Si è dimostrato per esempio che il Parkinson può essere collegato ad esposizione a MERCURIO e pesticidi. La sensibilità chimica multipla a sovraccarichi ambientali.

Creiamo consapevolezza, diamo informazione e impariamo a tutelarci. Le nostre scelte possono condizionare la nostra salute. Non possiamo ridurre a zero i rischi da esposizione ad inquinanti ma attraverso il sostegno di industrie che producono plastiche riciclabili, il sostegno dell’agricoltura biologica e la scelta di uno stile di vita sano con alimentazione che prediliga verdura e frutta, una adeguata attività fisica e il controllo della propria salute attraverso test che possano valutare la presenza di sostanze nocive nell’organismo, possiamo senza dubbio migliorare l’impatto della nostra salute nei confronti di tutti i fattori di disturbo ambientale.