Evidenze di studi preclinici e clinici dimostrano che una grave carenza materna di folati già prima del concepimento, oltre che nel primo trimestre di gravidanza, aumenta il rischio di comparsa di difetti di chiusura del tubo neurale del feto.
Folati e salute riproduttiva
Il meccanismo esatto attraverso il quale il metabolismo dei folati agisce sulla funzione ovarica deve ancora essere identificato. Tuttavia, studi preclinici e recentemente anche di fisiologia della riproduzione umana, hanno dimostrato l’importanza della proporzione delle concentrazioni di folato e omocisteina nel microambiente dell’ovocita in maturazione, ovvero nel liquido follicolare. Un eccesso di omocisteina e/o una carenza di acido folico, potrebbero infatti compromettere un’adeguata maturazione dell’ovocita e una corretta embriogenesi. È stato altresì dimostrato che il folato e l’omocisteina sono presenti nel liquido follicolare in modo proporzionale ai livelli ematici circolanti.
Uno studio recente, longitudinale, prospettico, condotto su una coorte di 259 donne in età fertile che non assumevano contraccettivi ormonali, ha inoltre dimostrato una correlazione tra concentrazioni eccessive di omocisteina plasmatica e livelli più bassi di estradiolo totale circolante durante il ciclo, un aumento di FSH al momento dell’ovulazione e livelli più bassi di progesterone nella fase luteinica.
Concentrazioni plasmatiche più elevate di omocisteina si associano ad un aumento del 33% di cicli anovulatori sporadici, mentre una riduzione dei livelli plasmatici di omocisteina migliora la funzionalità ovulatoria di alcune donne.
Evidenze sulla correlazione tra livelli di folati e fertilità
I folati concorrono anche alla riduzione della concentrazione di omocisteina attraverso una reazione di rimetilazione a metionina. La carenza di folati comporta pertanto un aumento della concentrazione di omocisteina. Concentrazioni elevate di omocisteina nel liquido follicolare possono essere dannose per la qualità e la maturazione dell’ovocita, con conseguente impatto negativo sulla fecondazione, sull’impianto e sull’embriogenesi. Il microambiente dell’ovocita in maturazione è pertanto influenzato positivamente dai folati e questo si può dimostrare misurando il diametro del follicolo, che correla inversamente con la concentrazione di omocisteina.
La supplementazione con acido folico attivo: quando, come e perché
Come raccomandato dal Network italiano promozione acido folico, le donne in età fertile, che prevedano o non escludano una gravidanza, dovrebbero assumere una quantità aggiuntiva di 0,4 mg/die di vitamina B9, a partire da almeno 1 mese prima del concepimento e fino al terzo mese di gravidanza (periodo periconcezionale).
Una riduzione dell’assorbimento di acido folico, e/o un conseguente aumento del fabbisogno, possono derivare anche dall’assunzione di alcuni farmaci (barbiturici, estroprogestinici), da un elevato consumo di alcol, dal diabete mellito insulino-dipendente, dalla celiachia, da patologie da malassorbimento o da alcune specifiche varianti di geni coinvolti nel metabolismo dei folati (metilene-tetraidrofolato-reduttasi, recettore dei folati).
Quindi in questi casi una possibile alternativa all’acido folico è il folato attivo.
Infatti l’integrazione con folato attivo in gravidanza potrebbe essere vantaggiosa rispetto a quella con acido folico, perché:
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Bibliografia
Articolo tratto da AOGOI (ASSOCIAZIONE OSTETRICI GINECOLOGI OSPEDALIERI ITALIANI)
In questa “strana estate”, dove le stranezze metereologiche stanno imperversando in molti paesi non sono, ahimè, il problema più grande che stiamo affrontando, voglio ricordarTi la Tua grandezza.
Si perché presi dal turbinio della quotidianità quasi tutti noi che viviamo questa vita (per lo meno noi “occidentali”) non ci accorgiamo di esserci persi di vista. A definire i ritmi e le modalità di questo apparentemente ineluttabile modo di vivere, non sono solo gli impegni e gli obiettivi sempre più sostenuti, ma anche e da troppo tempo ormai, il carico di emozioni come angoscia, scoraggiamento, ingiustizia, dubbi sul futuro e paura che aleggiano attorno a noi.
Tutto questo ci porta per lo più a “galleggiare” su questa meravigliosa cosa chiamata vita, sopravvivendo, per la maggior parte del tempo in qualche modo, utilizzando le nostre (poche) risorse per risolvere i problemi, “fare i compiti” quotidiani, e barcamenarci nella speranza, da pochi ancora condivisa, che qualcosa cambierà a breve e che appunto, dobbiamo solo resistere, senza renderci conto, proprio perché sopraffatti dalla “stanchezza del vivere quotidiano” degli strumenti di bellezza e di benessere che invece ancora esistono e ci circondano.
Capo e coda di questo pasticcio, è la perdita della capacità di percepire noi stessi in qualsiasi momento, il nostro corpo, la nostra mente, la nostra anima nel qui ed ora. Nella sfumatura negativa (un iniziale disturbo addominale o digestivo, uni squilibrio del sonno o dell’umore, o uno fisico muscolare o articolare di altro tipo) o in quella positiva (sentire il tono dei nostri muscoli, la forza e l’energia vitale del nostro corpo, l’efficienza della nostra percezione mentale, del “problem solving” e della creatività, e la nostra energia sessuale).
Perché e come ci insegna la Medicina Funzionale ovvero la Medicina della Salute, l’inizio dei problemi è proprio questo: la non percezione di noi. Che corrisponde al momento in cui un semplice sintomo viene trascurato, non ascoltato o, ancora peggio, “silenziato” con terapie intempestive che solo ci illudono di risolvere il problema sul nascere ma che, di fatto, lo spostano a un livello potenzialmente più dannoso per la nostra salute: è l’esempio dell’uso improprio di un farmaco antidolorifico che anziché agire sulla possibile causa del dolore, ovvero l’infiammazione e scoprirne la causa, lo nasconde potenziando l’effetto continuativo del danno infiammatorio prolungato e allontanando la diagnosi corretta (a livello di qualsiasi organo o apparato). O è l’esempio dell’uso intempestivo o inappropriato della terapia ormonale sostitutiva tiroidea in un momento di semplice e fisiologica reattività al vivere quotidiano della nostra tiroide (vero “termostato dello stress” a fattori metabolici, immunitari, ambientali e psicologici), e corrispondente ad una situazione subclinica invece che patologica: in altri termini, “semplice” movimento del TSH a fronte degli ormoni tiroidei fT3 e fT4 normali, situazione molto frequente che non deve essere sostituita ma solo supportata!. O ancora la non percezione di segnali che il nostro corpo ci da quotidianamente (se lo ascoltiamo) come il senso di affaticabilità precoce o apatia, la debolezza muscolare, le facili sudorazioni, le sindromi infiammatorie localizzate (del tratto digestivo ma anche vascolare, fisico, mentale o altro), la perdita della lucidità mentale (o di memoria, o di reattività efficace), che se non affrontate, indipendentemente dall’età, possono sfociare in malattia vera e propria: sindrome metabolica con obesità e diabete e ipertensione, osteoporosi, fragilità immunitaria, impotenze funzionali articolari o precoci invalidità, sindromi depressive o psicotiche, infertilità (per citarne alcune).
L’aver perso la capacità pura di ascoltarci (nelle nostre debolezze, nelle nostre forse e nelle nostre esigenze) per star dietro ai ritmi della vita, agli altri, e alle priorità, ha fatto si che pochi di noi, anche in questo momento, sono presenti a se stessi: nella percezione degli stimoli benefici che il Tuo corpo Ti sta dando, nella percezione delle Tua forza e lucidità mentale, nelle Tue esigenze che stai assecondando. O, per contro, nella non percezione di quel dolorino muscolare potenziale segno di ernia discale o fibromialgia che può essere “semplicemente” corretto investendo sulla Tua postura, sul Tuo allenamento, sulla Tua nutrizione quotidiana, sulla Tua felicità. O nella non percezione di quel senso di gonfiore persistente attorno all’ombelico (associato o meno a alterazione del Tuo quotidiano transito intestinale), o a livello sottodiaframmatico e accompagnato da senso di amaro in bocca o di bruciore retrosternale.
Ognuno di noi ha in se una debolezza (come predisposizione) e una forza. L’errore più grande, frutto non di colpe ma piuttosto di abitudini “salva vita” in cui possiamo incorrere è proprio quello di non avere il coraggio di ascoltarci e di rispettarci, perdendo così l’occasione non solo di essere felici ma di rimanere in salute.
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Women’s Healt, che ha coinvolto oltre 10.600 pazienti adulti ricoverati in ospedale con Covid-19, le donne hanno una probabilità significativamente inferiore rispetto agli uomini di morire durante il ricovero, di avere necessità di entrare in un’unità di terapia intensiva e di utilizzare la ventilazione meccanica. Inoltre, le pazienti di sesso femminile hanno anche una probabilità significativamente più bassi di eventi avversi maggiori, tra cui danno cardiaco acuto, danno renale acuto e tromboembolia venosa.
“Questa analisi completa è il più grande studio fino ad oggi che valuta direttamente l’impatto del sesso sugli esiti di Covid-19. Il nostro studio dimostra fortemente che il sesso femminile è associato a minori probabilità di esiti ospedalieri, di effetti avversi maggiori e mortalità per tutte le cause rispetto al sesso maschile dopo aver controllato per molte variabili confondenti” spiega Rachel-Maria Brown della Zucker School of Medicine di Hofstra/Northwell, autrice senior dello studio. Secondo gli esperti, nel sesso femminile sarebbero presenti alcuni fattori protettivi che possono contribuire a questi esiti, anche se ulteriori studi dovranno confermare quali siano quelli decisivi. Annabelle Volgman, del Rush Universal Medical Center, e il suo gruppo di lavoro, in un editoriale di accompagnamento, suggeriscono nel dettaglio vari meccanismi attraverso i quali il sesso femminile potrebbe conferire un vantaggio protettivo contro l’infezione da Covid-19. Uno di questi potrebbe essere il cromosoma X in più, che trasporta più geni responsabili dell’immunità innata e adattativa. Gli editorialisti sottolineano però che, sebbene le donne abbiamo meno rischio di mortalità da Covid-19, bisogna fare attenzione a non inviare un messaggio che implichi che sia possibile offrire cure scadenti alle donne con Covid-19 o ridurre le misure per prevenire la loro infezione. “ La nostra conoscenza in evoluzione non dovrebbe ridurre l’attenzione rivolta alle donne ricoverate per Covid-19” concludono gli esperti.
Articolo tratto da: Doctor 33 21 giugno 2021
Journal of Women’s Healt 2021.Doi: 10.1089/jwh.2020.8974
https://doi.org/10.1089/jwh.2020.8974
Journal of Women’s Healt 2021.Doi: 10.1089/jwh.2021.0110
https://doi.org/10.1089/jwh.2021.0110
Secondo quanto si legge in un articolo firmato dai ricercatori dei National Institutes of Health (NIH), seguire una dieta sana nel periodo del concepimento fino al secondo trimestre può ridurre il rischio di diverse complicazioni comuni in gravidanza come il diabete gestazionale, l’ipertensione in gravidanza e il parto pretermine.
Lo studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition è stato condotto da Cuilin Zhang e dai colleghi dell’Eunice Kennedy Shriver National Insitute of Child Health and Human Development (NICHD) e NIH. I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti a cura del NICHD Fetal Growth study e relativi a quasi 1900 donne che hanno risposto a questionari sulla loro dieta tra le 8 e le 13 settimane di gravidanza. alle partecipanti è stato chiesto di stimare cosa avevano mangiato nei 3 mesi precedenti. A 16-22 settimane e a 24-29 settimane le donne hanno identificato cosa avevano mangiato nelle 24 otre precedenti. Le risposte sono state valutate in base a tre misure di alimentazione sana: l’indice di alimentazione sana alternativo (AHEI), la dieta mediterranea alternativa (AMED) e gli approcci dietetici per fermare l’ipertensione (DASH). Tutte e tre le misure enfatizzano il consumo di frutta, verdura, cereali integrali, noci e legumi, limitando al contempo la carne rossa e lavorata. “Nel complesso seguire una qualsiasi dieta dal momento del concepimento fino al secondo trimestre si associa a un minor rischio di diabete gestazionale, ipertensione, preeclampsia e parto prematuro” sottolinea Zhang. per esempio, le gravide con punteggio AHEI alto a 16-22 settimane, hanno un tasso di probabilità di sviluppare diabete gestazionale inferiore del 32% rispetto alle donne con punteggio basso. Allo stesso modo, le gestanti con punteggio DASH elevato da 8 a 12 settimane e da 16 a 22 settimane hanno un rischio inferiore del 19% per l’ipertensione in gravidanza. Infine, un punteggio AMED alto misurato a 24-29 settimane o un punteggio elevato a 24-29 settimane si associa ad un rischio di parto prematuro ridotto del 50%.
Articolo tratto da DOCTOR33, 14 giugno 2021
AM J Clinical Nutrition 2021. Doi: 10.1093/ajcn/nqab145
http://doi.org/10.1093/ajcn/nqab145
Le segnalazioni ampiamente riportate dai media in merito ad alcuni casi di complicanze tromboemboliche che hanno interessato un numero limitatissimo di persone su alcuni milioni di soggetti vaccinati con due tipi di vaccino (Astra Zeneca e J&J) hanno determinato una conseguente preoccupazione nelle donne che assumono un contraccettivo estroprogestinico.
Come è noto il rischio di base di una complicanza tromboembolica nella popolazione femminile generale è di 2 su 10.000 e diventa circa 5 su 10.000 nelle donne che assumono la pillola estroprogestinica con una leggera variabilità in base al tipo di ormone contenuto. Ovviamente si tratta di un rischio significativamente inferiore a quello che si corre in gravidanza (circa 10 volte di più rispetto alla pillola) e dopo un intervento chirurgico o una immobilizzazione di un arto per frattura oltre a tutta una serie di altri fattori di rischio tra i quali l’obesità e il fumo.
La complicanza trombotica venosa eccezionalmente associata all’assunzione di estroprogestinici spesso legata a fattori di rischio concomitanti e sottovalutati interessa gli arti inferiori e ancora più raramente può coinvolgere i polmoni.
Nonostante la gravità è comunque una complicanza curabile con farmaci anticoagulanti. La trombosi che sembra invece essere associata ad alcuni vaccini anti Covid 19 interessa invece i seni venosi cerebrali e si ritiene possa essere una risposta immunitaria anomala contro le piastrine e quindi non trattabile con i comuni anticoagulanti. Si tratta pertanto di due complicanze trombotiche seppur eccezionali di natura completamente diversa.
Per questo motivo nessuna associazione medica, nessuna società scientifica e nessun ente di sanità pubblica consiglia oggi la sospensione della contraccezione ormonale nelle donne in concomitanza con la vaccinazione anti Covid 19.
Elsa Viora, Presidente AOGOI
Claudio Crescini, Vice Presidente AOGOI
Carlo Maria Stigliano, Segretario AOGOI
Da uno studio pubblicato sulla rivista Human Reproduction firmato da Antonio La Marca, professore di ginecologia all’Università di Modena e Reggio Emilia, emerge che a danneggiare la fertilità femminile e maschile non è solo il fumo di tabacco ma anche quello della sigaretta elettronica (e-cig). Il liquido delle e-cig sembra infatti avere un effetto più marcato delle sigarette tradizionali sulla ricettività e vitalità dell’endometrio e possibilità d’impianto dell’embrione, mentre nell’uomo influisce sulla qualità dello sperma.
“E’ importante sfatare la credenza secondo cui le sigarette elettroniche hanno un impatto sulla salute inferiore rispetto alla classica sigaretta, almeno per quello che riguarda la riproduzione umana” esordisce La Marca, spiegando che lo studio ha messo a confronto l’effetto delle tre principali sostanze presenti nelle sigarette convenzionali ossia il benzopirene, la cotinina e la nicotina con quello dei liquidi delle sigarette elettroniche sui marcatori molecolare dell’impianto nelle cellule dell’endometrio, che costituiscono la mucosa uterina, fondamentale per l’instaurarsi di una gravidanza. e i risultati parlano chiaro: in entrambi i casi è stata osservata una significativa riduzione dell’espressione dei geni marcatori di impianto. “Il nostro studio dimostra anche che i liquidi per sigarette elettroniche influenzano la ricettività e la vitalità dell’endometrio, riducendo l’espressione dei geni dei marcatori dell’impianto embrionario e causando la morte cellulare, con un effetto ancora più marcato rispetto a quello indotto dai metaboliti della nicotina” aggiunge Sandro Sacchi, cofirmatario dell’articolo. Ma le e-cig non sono dannose solo per la fertilità femminile. un recente studio, condotto su 2008 uomini con età media di 19 anni, ha dimostrato che i fumatori abituali di sigaretta elettronica hanno concentrazione di sperma e numero totale di spermatozoi inferiori rispetto ai fumatori abituali di sigarette tradizionali. Un risultato osservato con sigarette elettroniche che contenevano liquido anche senza nicotina, il che suggerisce che l’effetto potrebbe dipendere dal liquido stesso.
Articolo tratto da: Human Reprod, 2020, suppl 1, i275
https://academic.oup.com/humrep/article-abstract/35/Supplement_l/il/5867890
Il rischio CARDIOVASCOLARE nelle donne in età fertile è inferiore all’uomo. Anche per quanto riguarda la sindrome metabolica (ipertensione, ipertrigliceridemia, diabete, sovrappeso) l’incidenza è diversa in relazione al genere.
In una recente META-ANALISI pubblicata su “CLIMATERIC METABOLIC SYNDROME IN MENOPAUSE AND ASSOCIATED FACTORS” i ricercatori hanno concluso che la donna in menopausa ha un rischio maggiore di manifestare la sindrome metabolica.
Infatti in menopausa, anche in relazione al fisiologico passare degli anni, tutte le donne vedono un aumento dei parametri tipici della sindrome metabolica. Questa condizione, che dipende anche dal calo degli estrogeni, non sempre è ripristinata dalla terapia ormonale sostitutiva.
La sindrome metabolica si configura quando ci sono almeno 3 di questi 5 parametri:
Come già detto, la carenza degli estrogeni aumenta l’incidenza di questa patologia e ciò è confermato dal fatto che la donna in menopausa chirurgica, indipendentemente dall’età, aumenta il rischio di sindrome metabolica rispetto alle donne in menopausa fisiologica.
Nella meta-analisi “METABOLIC SYNDROME IN MENOPAUSE AND ASSOCIATED FACTORS” i ricercatori hanno analizzato studi che comprendevano donne in menopausa fisiologica e chirurgica in terapia ormonale e si è dimostrato che il trattamento riduce i trigliceridi e la pressione arteriosa ma non ci sono state evidenze sul colesterolo HDL e risultati non sempre a favore di LDL, obesità e insulino resistenza.
Il ginecologo deve tenere conto di questo rischio metabolico per ridurre i fattori di rischio cardiovascolare suggerendo alla donna una stile di vita adeguato comprendente una dieta sana ed una regolare attività fisica ma anche un’integrazione nutraceutica che possa regolare i valori metabolici.
L’infiammazione, o flogosi è un meccanismo di difesa non specifico innato, che costituisce una risposta protettiva conseguente all’azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici, il cui obiettivo finale è l’eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale, nonché l’avvio del processo riparativo. Quindi è un meccanismo che non và necessariamente limitato, a meno che le sue conseguenze non vengano considerate pericolose o eccessivamente fastidiose.
L’infiammazione consiste in una sequenza dinamica di fenomeni che si manifestano con una intensa reazione vascolare. Questi fenomeni presentano caratteristiche relativamente costanti, nonostante l’infinita varietà di agenti lesivi, in quanto sono determinati soprattutto dalla liberazione di sostanze endogene: i mediatori chimici della flogosi. I fenomeni elementari che costituiscono la risposta infiammatoria comprendono vasodilatazione e aumento di permeabilità, che portano al passaggio di liquidi dal letto vascolare al tessuto leso (edema) ed infiltrazione leucocitaria nell’area di lesione. L’infiammazione serve, dunque, a distruggere, diluire e confinare l’agente lesivo, ma allo stesso tempo mette in moto una serie di meccanismi che favoriscono la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato.
Clinicamente, i segni cardine dell’infiammazione sono, in questo ordine preciso: calore della parte infiammata, arrossamento, tumefazione, dolore, alterazione funzionale (calor, rubor, tumor, dolor, functio laesa). Sono manifestazioni delle modificazioni tissutali che consistono in: vasodilatazione, aumento della permeabilità dei capillari, stasi circolatoria, infiltrazione leucocitaria (con marginazione, rotolamento e adesione sulla superficie endoteliale di leucociti attraverso l’espressione di molecole di adesione, fase finale di extravasazione leucocitaria attraverso l’endotelio, chemiotassi per risposta dei leucociti presenti nello spazio interstiziale agli agenti chemiotattici, i quali li indirizzano verso la sede del danno).
Per Sindrome infiammatoria si intende invece una risposta infiammatoria sistemica (in letteratura inglese systemic inflammatory response syndrome o SIRS), ovvero uno stato infiammatorio generalizzato frutto della risposta dell’organismo (il sistema) a una presunta noxa.
I criteri per definire la SIRS sono:
– Frequenza cardiaca > 90 battiti al minuto
Cause
Le sindromi infiammatorie, che qui considereremo essere le infiammazioni persistenti in genere, hanno come cause più frequenti malattie infettive, presenza di foci (tessuti danneggiati, corpi estranei, patologie odontoiatriche quali periodontiti, ascessi, denti devitalizzati, denti impattati, periimplantiti ovvero infezioni intorno a impianti in titanio, diverticoli, sequestri ossei).
Il riscontro di una sindrome infiammatoria si basa essenzialmente sulle analisi del sangue, che rivelano un aumento della velocità di eritrosedimentazione (VES) e la presenza di marcatori dell’infiammazione, come la proteina C reattiva (soprattutto in corso di infezioni batteriche), l’aptoglobina (soprattutto in corso di infiammazioni croniche), il fibrinogeno e l’a-2-globulina. Inoltre, le infiammazioni croniche spesso incidono sul numero e sull’aspetto degli elementi ematici: aumento del numero di piastrine e granulociti neutrofili (varietà di globuli bianchi), diminuzione della grandezza delle emazie (globuli rossi).
Sintomi e segni
Solitamente la sindrome infiammatoria si associa a un’alterazione dello stato generale (astenia, febbre, anoressia, stanchezza cronica, dimagrimento), ma anche sintomi meno evidenti quali stanchezza, mal di testa, difficoltà digestive, insonnia: una serie di sintomi che, pur non costituendo una vera e propria patologia, abbassa notevolmente la qualità della nostra vita.
Se l’infiammazione ha una durata limitata nel tempo si considera fisiologica; se permane, dobbiamo da un lato cercare di trovare e poi eliminare la causa, dell’altro rinforzare l’organismo al fine di vincere più rapidamente la battaglia contro in nemico.
Sappiamo che l’ossigeno è fonte di vita e di salute, e aumentare l’apporto di ossigeno ai tessuti sofferenti è una pratica virtuosa che aiuta la Vis Medicatrix Naturae, ovvero la tendenza innata dell’organismo all’autoguarigione, a compiere il suo lavoro.
Io considero l’Ozonoterapia una branca dell’igienismo – medicina orizzontale in termini attuali – che si basa su alimentazione sana, ambiente sano, riposo, limitazione dell’assunzione di cibo fino a periodi di digiuno.
Non andiamo quindi alla ricerca del microorganismo da combattere, bensì aumentiamo l’apporto di ossigeno nei tessuti come quando in guerra si portano vettovaglie e munizioni alle truppe al fronte.
Le modalità più efficaci atte a portare ossigeno nei tessuti sono:
L’Ossigeno Ozono Terapia è un procedimento che consente – letteralmente – di fare il pieno di vitalità, restituendo energia a tutto l’organismo. Si tratta di una terapia basata sulla somministrazione, nel sangue, di una miscela di ossigeno e ozono. Il tutto avviene per auto-emotrasfusione: si preleva una piccola quantità di sangue nella misura stabilita dal medico a cui viene addizionato il mix di ossigeno e ozono, per poi rimetterlo in circolo nel corpo. La procedura è di semplice applicazione e consente di apprezzare risultati immediati già dopo pochissimi trattamenti.
La sua efficacia è legata all’azione antibatterica, funghicida, antivirale, nonché dall’azione antiossidante e di rafforzamento del sistema immunitario con benefici anti-aging e anti-radicali liberi.
Per l’esattezza, l’ossigeno sposta l’ambiente da anaerobico a aerobico, e la flora batterica, funginea e virale normalmente presente nel nostro organismo si adegua a tale ambiente facendo crescere i microorganismi aerobi – salutari – a scapito di quelli anaerobi – fonte di malattia.
Il sangue risulta rigenerato, attivo e vitale, e attraverso la circolazione apporta benessere a tutto l’organismo.
Come funziona l’ozono?
Ossigenazione
L’Ozonoterapia utilizza una miscela ossigeno – ozono. Questo gas essendo molto instabile determina il rilascio dell’ossigeno ai tessuti e questo si dimostra utile nel trattamento di tutte quelle patologie caratterizzate da carenza di ossigeno.
L’emoglobina ossigenata, grazie all’azione dello ozono, trasferisce l’ ossigeno ai tessuti rendendolo più utilizzabile dall’organismo; la membrana dei globuli rossi viene resa più deformabile rendendo così più rapido e fluido il passaggio del sangue nella rete capillare del microcircolo.
Per Azione Antinfiammatoria
L’Ozono blocca i meccanismi infiammatori modulando la sintesi delle Prostaglandine, diminuendo i mediatori pro-infiammatori e incrementando quelli aventi attività anti-infiammatorie.
Questo determina un importante azione antiflogistica utilizzando meccanismi privi di effetti collaterali a differenza dei farmaci antiinfiammatori steroidei e non.
Immunomodulazione
L’Ozono esercita attività di modulazione sull’ interferone, sul TNF-alfa e su altre Citochine coinvolte nei processi immunitari.
Pertanto risulta utile nelle attività di difesa dell’organismo contro le infezioni, eventuali processi neoplastici e contro la Neurodegenerazione costituendo una vera e propria barriera citoprotettiva.
Inoltre modula le malattie autoimmuni permettendo di controllare e ridurre la loro attività citotossica come ad esempio avviene nell’Artrite Reumatoide, nel Lupus e nelle altre patologie infiammatorie croniche sistemiche.
Attività antibatterica, antivirale ed antimicotica.
L’ ozono possiede un’attivita’ antiinfettiva perche’ in grado di ossidare la membrana dei batteri uccidendoli. Nelle infezioni virali invece si lega alla loro membrana impedendone la replicazione. E’ utile ricordare che i batteri non possono manifestare resistenza all’ ozono.
Per riassumere in parole povere: oltre all’applicazione in caso di infezioni, disturbi del metabolismo e infiammazioni, il metodo offre notevoli miglioramenti delle difese immunitarie. Indicato anche per problematiche di dolori con iniezioni intra-articolari. Insufflazioni nasali ottime in caso di sinusite. Un vero e proprio booster di energia, che regala nuova forza e vitalità, indicato per ritrovare equilibrio e contrastare “il logorio della vita moderna”.
Per informazioni:
Studio medico Dott. Matti Fabrizio – Dott.sa Beccaria Cristina
Via Volturno, 33 Voghera (PV) 27058
Tel. 3667401308 (dal lun. al ven. 14.30/18.30)
mail: segreteriabeccaria@gmail.com
articolo tratto da Agemony, 10 febbraio 2021