E’ una procedura che permette di iniettare nel derma dei principi attivi utili per riattivare i naturali processi biologici e di riparazione. Serve per mantenere elasticità e giovinezza.
A livello vulvare si possono iniettare per uso intradermico dei gel a base di polinucleotidi e acido jaluronico che stimolano la riattivazione molecolare, riparano i tessuti, donano idratazione tono ed elasticità alle mucose.
La via iniettiva permette a queste sostanze di raggiungere una maggiore profondità di azione e serve per curare:
La tecnica è semplice e non invasiva, la tollerabilità può essere migliorata mediante l’applicazione di un anestetico locale in crema.
Il massimo del beneficio lo si può ottenere se contestualmente viene utilizzato anche l’OZONO.
La molecola dell’ozono riattiva il microcircolo capillare e permette una migliore ossigenazione dei tessuti.
E’ un antiedemigeno ed un antinfiammatorio e stimola la rigenerazione dei tessuti attraverso le cellule staminali.
Presso il mio studio entrambe queste tecniche vengono utilizzate.
Gli individui esposti a esperienze traumatiche per esempio attacchi psicologici, rapine, eventi catastrofici, guerre, possono sviluppare un disordine post traumatico da STRESS (PTSD). Una serie di sintomi che compaiono circa 30 giorni dopo il trauma. I sintomi includono la RI-ESPERIENZA del trauma, l’evitamento di situazioni correlabili all’evento traumatico, irritabilità, disturbi del sonno. Sono molto riconosciuti sintomi tipo l’amnesia dissociativa, anedonia, percezioni di negatività. E’ più facile che questi disturbi colpiscano le donne e ciò può dare importanti ripercussioni sulla vita sociale, professionale e famigliare.
Almeno il 25%, 35% degli individui sottoposti ad uno stress incorrono nella PTSD.
Esperienze personali dirette tipo rapine, abusi fisici o sessuali sono a più alto rischio di sviluppo del disordine rispetto ad altri traumi come incidenti automobilistici o eventi catastrofici.
In ogni caso una alta concentrazione di ormoni derivanti dallo stress materno impatta sullo sviluppo cerebrale fetale. Alti livelli di cortisolo durante la gravidanza si riflettono in più elevate reazioni cortisoniche nei bambini in età scolare con una maggiore difficoltà a gestire l’ansia. Eventi traumatici presenti o pregressi rispetto alla gravidanza, possono influire negativamente sul bambino attraverso due livelli:
La linea di sintonizzazione tra madre e bambino si esplica principalmente con lo SGUARDO. Madri che hanno subito maltrattamenti durante l’infanzia, possono sviluppare depressione durante la gravidanza. Madri sofferenti, traumatizzate o depresse trasmettono attraverso lo sguardo emozioni ansiogene.
Un noto studio ha dimostrato che i figli nati da donne che hanno vissuto nei campi di concentramento presentano marcatori del disturbo post traumatico da stress che si trasmette fino alla TERZA GENERAZIONE.
Uno studio pubblicato su “NATURE NEUROSCIENCE” e coordinato da ISABELLE MANSUY dell’Università di Zurigo, ha dimostrato che le ESPERIENZE TRAUMATICHE influenzano il metabolismo a lungo termine e che i cambiamenti indotti sono ereditari. Un ulteriore studio condotto a Londra ha relazionato il maltrattamento subito da donne durante l’infanzia ad alterazioni biologiche persistenti nella risposta agli stress che si ripercuotono, in gravidanza, sul bambino col rischio di sviluppo da parte dello stesso di problematiche emotive e comportamentali. Da questi dati si evince quanto sia importante fornire sostegno psicologico anche preventivo, alla mamma in gravidanza nel caso di importanti stress emotivi. Spesso questi traumi vengono sottovalutati producendo però purtroppo CATENE TRAUMATICHE TRANSGENERAZIONALI.
Quello in programma per il 30 ottobre prossimo è il primo Congresso Giovani della Società italiana di medicina e chirurgia rigenerativa polispecialistica (Simcri). “I giovani sono il presente e futuro del nostro Paese e in Simcri abbiamo voluto dar loro importanza istituendo un comitato di grande valore che favorisca lo sviluppo di un vero e proprio network nella medicina rigenerativa” ha affermato Eugenio Caradonna, presidente nazionale Simcri, sottolineando come sia fondamentale studiare l’aspetto moderno di questa medicina in modo che ai pazienti siano offerto programmi sì di cura. ma anche di prevenzione di patologie cardiovascolari e neurodegenerative.
Uno dei principali temi sarà l’infertilità femminile, o meglio la medicina rigenerativa come un rimedio su tale infertilità basato su microiniezioni e staminali. In pratica il sangue della paziente viene lavorato in modo da ottenere un concentrato di piastrine e cellule, incluse le staminale, e viene poi inserito direttamente nell’ovaio tramite microiniezioni. “Ci sono evidenze scientifiche che, sfruttando le capacità rigenerative del sangue, si possano aiutare le donne ad avere figli. Si tratta di una grande opportunità per chi ha difficoltà a restare incinta, perché permette l’ispessimento dell’endometrio che favorisce il concepimento” ha spiegato Caradonna, aggiungendo come questa stessa tecnica abbia latri ambiti di applicazione. Altri tempi previsti riguarderanno l’impego di stampanti 3D per la ricostruzione di ossa e tessuti e le medicazioni in via di sviluppo che permettono una più rapida guarigione delle ferite. In quest’ultimo caso, segnali come temperatura o PH verranno ricevuti da sensori che a loro volta permetteranno il rilascio di farmaci in grado di stimolare la rigenerazione dei tessuti e accelerare la riparazione.
“Quando arriverà nella pratica clinica avrà un grande impatto sulla cura delle ferite e sarà applicabile per esempio alle ulcere croniche negli anziani e ai pazienti con piede diabetico” ha precisato Caradonna. Un’altra novità è l’hydrogel, un bimateriale nel quale verranno inseriti sostanze o farmaci.
“La medicina rigenerativa si ripercuote direttamente sulla vita quotidiana delle persone, perché rende possibile la personalizzazione delle cure. Attraverso opportuni esami possiamo modificare l’approccio terapeutico, individuando i corretti percorsi riabilitativi in caso di patologie come l’osteoartrite e le malattie cardiovascolari” ha spiegato Michele Angelo Farina, presidente onorario Simcri. Un aspetto molto importante per Caradonna, come per altri, è il ruolo del laboratorio di patologia clinica nell’individuazione di cellule staminali e fattori di crescita.
Articolo del 29 ottobre 2021 tratto da Doctor33.it
NUOVA FIO (Nuova Federazione Italiana di Ossigeno Ozono)
L’ozono è un gas, che attentamente dosato, è un medicamento naturale privo di controindicazioni.
L’ozono è la molecola triatomica dell’ossigeno la cui formula chimica è O3.
E’ generato da una scarica elettrica in un campo alternato di alta tensione (effetto corona).
La scarica scinde una parte delle molecole di ossigeno che elettrizzano la zona di scarica; gli atomi di ossigeno, resi così disponibili, di uniscono con altre molecole di ossigeno a formare ossigeno triatomico, l’ozono.
A pressione atmosferica è un gas di colore lievemente blu, dall’odore pungente e percettibile all’olfatto in quantità minima (intorno allo 0,05 ppm).
L’ozono è un gas instabile con una emivita di qualche minuto prima di trasformarsi in ossigeno, per questo deve essere prodotto al momento dell’uso.
Il gas protegge gli abitanti della terra contro le radiazioni dei raggi ultra-violetti ed è uno degli ossidanti più potenti in natura. E’ il più efficace battericida e virucida esistente sulla terra e viene usato per distruggere alghe, funghi, pesticidi, metalli pesanti, nitrati, nitriti ecc.
Pur essendo un elemento nato fin dal XVIII secolo, solo dagli anni 90 si è approdati ai suoi più fini meccanismi di azione in campo medico con un ampio successo nell’ossigeno-ozono terapia.
Nel Luglio 1996 con Protocollo n. 24482, il Ministero della Sanità ha riconosciuto l’ozono come “Presidio naturale per la sterilizzazione di ambienti”.
L’ozono abbatte totalmente virus, batteri, muffe e spore, inducendo sulla massa delle proteine batteriche un processo di ossidazione catalitica. L’azione germicida dell’ozono si fonda sulla sua elevata capacità di ossidazione diretta; grazie a questa proprietà tutte le strutture macro molecolari delle cellule microbiche e non (muffe, funghi, lieviti. alghe, ecc) vengono profondamente alterate e inattivate.
Non esiste specie microbica che resista all’azione dell’ozono anche se produce spore o cisti. In ogni caso l’azione germicida è rapida, completa e senza residui secondari apprezzabili. Con l’utilizzo del gas si ottengono eccellenti risultati nella prevenzione della contaminazione idrica da legionella e da molte altre specie di batteri resistenti al cloro.
L’azione germicida dell’ozono non è influenzata da variazioni del PH così come non è influenzata, se non in scarsa misura, dalla contemporanea presenza di sostanze organiche e inorganiche. Circa l’azione virucida è interessante tenere presente che, con una piccola percentuale di ozono di 0,3 ppm e con un tempo di contatto di circa 4 minuti, il tasso di inattivazione dei virus raggiunge il 99,99%.
EFFETTI BIOLOGICI DELL’OSSIGENO-OZONO
OZONO TERAPIA AMBITI E APPLICAZIONI CLINICHE
DERMATOLOGIA: Herpes Zoxter e Simplex – Acne – Eczema – Lipodistofia (Cellulite) – Micosi – Psoriasi
MEDICINA INTERNA: Arteriosclerosi – Epatopatie – Morbo di Crohn – Osteoporosi – Artrite reumatoide – Diabete – Allergia – Stati depressivi – Bronchiti – Sindromi da affaticamento
CARDIOLOGIA: Cardiopatia ischemica – Angina – recupero post-infarto
GERIATRIA: Demenza senile – Artrosi – Processi infiammatori cronici – Dolore cronico – Rivitalizzante – Arteriosclerosi
ANTI-ETA’: Rivitalizza corpo e mente – Aumenta la resistenza allo sforzo
OCULISTICA: Maculopatia degenerativa
NEUROLOGIA: Cefalee vascolari e tensive – Depressione – Malattie neurovascolari – TIA – Ictus – Sindrome da affaticamento cronico
NEUROCHIRURGIA: Ernia del disco – dolore lombare e cervicale – Lombosciatalgia – Dolore post operatorio da chirurgia vertebrale
ODONTOIATRIA: Trattamento carie -Prevenzione e cura infezioni chirurgiche – Parodontiti – Endodonzia – Cura osteonecrosi – Disturbi ATM
ONCOLOGIA: Audiovante nella chemio/radio terapia – Terapia a supporto della stanchezza
ORTOPEDIA: Ernia del disco – dolore lombare e cervicale – Lombosciatalgia – Dolore post operatorio da chirurgia vertebrale – Reumatismo articolare – Gonartrosi – Coxartrosi
VASCOLARE: Insufficienza venosa – Ulcera diabetica – Flebiti – Ulcere post-flebiche – Ulcere trofiche – Arteriopatie periferiche – Piede diabetico
DISBIOSI INTESTINALE: Coliti – Colon irritabile – Dismetabolismi – Intolleranze alimentari – Ulcera gastrica – Helicobacter Pilori – Stipsi
FISIATRIA: Riabilitazione neuromotoria – Fibromialgia
CHIRURGIA: Prevenzione e cura infezioni post chirurgiche
PNEUMOLOGIA: BPCO e ipertensione polmonare – Asma – Rinite allergica
MALATTIE DEGENERATIVE: Sclerosi multipla – SLA – Parkinson -Demenza senile precoce
UROGINECOLOGIA: Trattamento delle infezioni uroginecologiche.
Tratto da un articolo di Massimo Spattini
Bere caffè, magari più volte al giorno, oppure astenersi per evitare tachicardia, ed eccessiva stimolazione nervosa?
Fa bene, oppure fa male?
Sappiamo che esistono individui con alta oppure bassa metabolizzazione della caffeina, dovuta a specifici polimorfismi genetici, e c’è chi si ferma ad una tazza e chi ne consuma anche più di 6-7 al giorno, costantemente e a tutte le ore.
Uno studio di un paio di anni fa, molto corposo, ha voluto indagare l’associazione tra consumo di caffè e mortalità per tutte le cause.
La UK Biobank ha invitato 9,2 milioni di inglesi a partecipare alla ricerca, raccogliendo infine una notevole mole di dati (età, razza, indice di massa corporea, attività fisica, scolarità, consumo di alcolici o sigarette) fra coloro (502641) che avevano acconsentito a fornirli in toto.
L’età media degli individui era di 57 anni (intervallo 38-73 anni); 271019 (54%) erano donne e 387494 (78%) erano bevitori di caffè.
In 10 anni di follow-up, si sono verificati 14225 decessi.
L’analisi dei dati statistici ha riportato che bere caffè era inversamente associato alla mortalità per tutte le cause e la modalità di preparazione e la presenza o meno di caffeina erano ininfluenti, quindi questo beneficio probabilmente era dovuto all’effetto dei polifenoli contenuti nel caffè.
Questa protezione aumenterebbe proporzionalmente alle tazzine di caffè consumate giornalmente, con un minimo dell’8% (1 tazzina), fino ad un massimo del 16% (7 tazzine).
Conclusioni: che sia preparato con la moka, che sia espresso, macinato, filtrato o istantaneo (quest’ultimo leggermente meno protettivo), il consumo di caffè è stato inversamente associato alla mortalità, anche tra coloro che ne bevono 8 o più tazze al giorno e quelli con polimorfismi genetici che indicano un metabolismo della caffeina più lento o più veloce.
Questi risultati suggeriscono l’importanza dei componenti polifenolici (non la caffeina) come effetti protettivi nei confronti della mortalità per tutte le cause e forniscono ulteriori rassicurazioni sul fatto che bere caffè può entrare a far parte di una dieta sana e ben congegnata.
Evidenze di studi preclinici e clinici dimostrano che una grave carenza materna di folati già prima del concepimento, oltre che nel primo trimestre di gravidanza, aumenta il rischio di comparsa di difetti di chiusura del tubo neurale del feto.
Folati e salute riproduttiva
Il meccanismo esatto attraverso il quale il metabolismo dei folati agisce sulla funzione ovarica deve ancora essere identificato. Tuttavia, studi preclinici e recentemente anche di fisiologia della riproduzione umana, hanno dimostrato l’importanza della proporzione delle concentrazioni di folato e omocisteina nel microambiente dell’ovocita in maturazione, ovvero nel liquido follicolare. Un eccesso di omocisteina e/o una carenza di acido folico, potrebbero infatti compromettere un’adeguata maturazione dell’ovocita e una corretta embriogenesi. È stato altresì dimostrato che il folato e l’omocisteina sono presenti nel liquido follicolare in modo proporzionale ai livelli ematici circolanti.
Uno studio recente, longitudinale, prospettico, condotto su una coorte di 259 donne in età fertile che non assumevano contraccettivi ormonali, ha inoltre dimostrato una correlazione tra concentrazioni eccessive di omocisteina plasmatica e livelli più bassi di estradiolo totale circolante durante il ciclo, un aumento di FSH al momento dell’ovulazione e livelli più bassi di progesterone nella fase luteinica.
Concentrazioni plasmatiche più elevate di omocisteina si associano ad un aumento del 33% di cicli anovulatori sporadici, mentre una riduzione dei livelli plasmatici di omocisteina migliora la funzionalità ovulatoria di alcune donne.
Evidenze sulla correlazione tra livelli di folati e fertilità
I folati concorrono anche alla riduzione della concentrazione di omocisteina attraverso una reazione di rimetilazione a metionina. La carenza di folati comporta pertanto un aumento della concentrazione di omocisteina. Concentrazioni elevate di omocisteina nel liquido follicolare possono essere dannose per la qualità e la maturazione dell’ovocita, con conseguente impatto negativo sulla fecondazione, sull’impianto e sull’embriogenesi. Il microambiente dell’ovocita in maturazione è pertanto influenzato positivamente dai folati e questo si può dimostrare misurando il diametro del follicolo, che correla inversamente con la concentrazione di omocisteina.
La supplementazione con acido folico attivo: quando, come e perché
Come raccomandato dal Network italiano promozione acido folico, le donne in età fertile, che prevedano o non escludano una gravidanza, dovrebbero assumere una quantità aggiuntiva di 0,4 mg/die di vitamina B9, a partire da almeno 1 mese prima del concepimento e fino al terzo mese di gravidanza (periodo periconcezionale).
Una riduzione dell’assorbimento di acido folico, e/o un conseguente aumento del fabbisogno, possono derivare anche dall’assunzione di alcuni farmaci (barbiturici, estroprogestinici), da un elevato consumo di alcol, dal diabete mellito insulino-dipendente, dalla celiachia, da patologie da malassorbimento o da alcune specifiche varianti di geni coinvolti nel metabolismo dei folati (metilene-tetraidrofolato-reduttasi, recettore dei folati).
Quindi in questi casi una possibile alternativa all’acido folico è il folato attivo.
Infatti l’integrazione con folato attivo in gravidanza potrebbe essere vantaggiosa rispetto a quella con acido folico, perché:
Messaggi chiave
Bibliografia
Articolo tratto da AOGOI (ASSOCIAZIONE OSTETRICI GINECOLOGI OSPEDALIERI ITALIANI)
In questa “strana estate”, dove le stranezze metereologiche stanno imperversando in molti paesi non sono, ahimè, il problema più grande che stiamo affrontando, voglio ricordarTi la Tua grandezza.
Si perché presi dal turbinio della quotidianità quasi tutti noi che viviamo questa vita (per lo meno noi “occidentali”) non ci accorgiamo di esserci persi di vista. A definire i ritmi e le modalità di questo apparentemente ineluttabile modo di vivere, non sono solo gli impegni e gli obiettivi sempre più sostenuti, ma anche e da troppo tempo ormai, il carico di emozioni come angoscia, scoraggiamento, ingiustizia, dubbi sul futuro e paura che aleggiano attorno a noi.
Tutto questo ci porta per lo più a “galleggiare” su questa meravigliosa cosa chiamata vita, sopravvivendo, per la maggior parte del tempo in qualche modo, utilizzando le nostre (poche) risorse per risolvere i problemi, “fare i compiti” quotidiani, e barcamenarci nella speranza, da pochi ancora condivisa, che qualcosa cambierà a breve e che appunto, dobbiamo solo resistere, senza renderci conto, proprio perché sopraffatti dalla “stanchezza del vivere quotidiano” degli strumenti di bellezza e di benessere che invece ancora esistono e ci circondano.
Capo e coda di questo pasticcio, è la perdita della capacità di percepire noi stessi in qualsiasi momento, il nostro corpo, la nostra mente, la nostra anima nel qui ed ora. Nella sfumatura negativa (un iniziale disturbo addominale o digestivo, uni squilibrio del sonno o dell’umore, o uno fisico muscolare o articolare di altro tipo) o in quella positiva (sentire il tono dei nostri muscoli, la forza e l’energia vitale del nostro corpo, l’efficienza della nostra percezione mentale, del “problem solving” e della creatività, e la nostra energia sessuale).
Perché e come ci insegna la Medicina Funzionale ovvero la Medicina della Salute, l’inizio dei problemi è proprio questo: la non percezione di noi. Che corrisponde al momento in cui un semplice sintomo viene trascurato, non ascoltato o, ancora peggio, “silenziato” con terapie intempestive che solo ci illudono di risolvere il problema sul nascere ma che, di fatto, lo spostano a un livello potenzialmente più dannoso per la nostra salute: è l’esempio dell’uso improprio di un farmaco antidolorifico che anziché agire sulla possibile causa del dolore, ovvero l’infiammazione e scoprirne la causa, lo nasconde potenziando l’effetto continuativo del danno infiammatorio prolungato e allontanando la diagnosi corretta (a livello di qualsiasi organo o apparato). O è l’esempio dell’uso intempestivo o inappropriato della terapia ormonale sostitutiva tiroidea in un momento di semplice e fisiologica reattività al vivere quotidiano della nostra tiroide (vero “termostato dello stress” a fattori metabolici, immunitari, ambientali e psicologici), e corrispondente ad una situazione subclinica invece che patologica: in altri termini, “semplice” movimento del TSH a fronte degli ormoni tiroidei fT3 e fT4 normali, situazione molto frequente che non deve essere sostituita ma solo supportata!. O ancora la non percezione di segnali che il nostro corpo ci da quotidianamente (se lo ascoltiamo) come il senso di affaticabilità precoce o apatia, la debolezza muscolare, le facili sudorazioni, le sindromi infiammatorie localizzate (del tratto digestivo ma anche vascolare, fisico, mentale o altro), la perdita della lucidità mentale (o di memoria, o di reattività efficace), che se non affrontate, indipendentemente dall’età, possono sfociare in malattia vera e propria: sindrome metabolica con obesità e diabete e ipertensione, osteoporosi, fragilità immunitaria, impotenze funzionali articolari o precoci invalidità, sindromi depressive o psicotiche, infertilità (per citarne alcune).
L’aver perso la capacità pura di ascoltarci (nelle nostre debolezze, nelle nostre forse e nelle nostre esigenze) per star dietro ai ritmi della vita, agli altri, e alle priorità, ha fatto si che pochi di noi, anche in questo momento, sono presenti a se stessi: nella percezione degli stimoli benefici che il Tuo corpo Ti sta dando, nella percezione delle Tua forza e lucidità mentale, nelle Tue esigenze che stai assecondando. O, per contro, nella non percezione di quel dolorino muscolare potenziale segno di ernia discale o fibromialgia che può essere “semplicemente” corretto investendo sulla Tua postura, sul Tuo allenamento, sulla Tua nutrizione quotidiana, sulla Tua felicità. O nella non percezione di quel senso di gonfiore persistente attorno all’ombelico (associato o meno a alterazione del Tuo quotidiano transito intestinale), o a livello sottodiaframmatico e accompagnato da senso di amaro in bocca o di bruciore retrosternale.
Ognuno di noi ha in se una debolezza (come predisposizione) e una forza. L’errore più grande, frutto non di colpe ma piuttosto di abitudini “salva vita” in cui possiamo incorrere è proprio quello di non avere il coraggio di ascoltarci e di rispettarci, perdendo così l’occasione non solo di essere felici ma di rimanere in salute.
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Women’s Healt, che ha coinvolto oltre 10.600 pazienti adulti ricoverati in ospedale con Covid-19, le donne hanno una probabilità significativamente inferiore rispetto agli uomini di morire durante il ricovero, di avere necessità di entrare in un’unità di terapia intensiva e di utilizzare la ventilazione meccanica. Inoltre, le pazienti di sesso femminile hanno anche una probabilità significativamente più bassi di eventi avversi maggiori, tra cui danno cardiaco acuto, danno renale acuto e tromboembolia venosa.
“Questa analisi completa è il più grande studio fino ad oggi che valuta direttamente l’impatto del sesso sugli esiti di Covid-19. Il nostro studio dimostra fortemente che il sesso femminile è associato a minori probabilità di esiti ospedalieri, di effetti avversi maggiori e mortalità per tutte le cause rispetto al sesso maschile dopo aver controllato per molte variabili confondenti” spiega Rachel-Maria Brown della Zucker School of Medicine di Hofstra/Northwell, autrice senior dello studio. Secondo gli esperti, nel sesso femminile sarebbero presenti alcuni fattori protettivi che possono contribuire a questi esiti, anche se ulteriori studi dovranno confermare quali siano quelli decisivi. Annabelle Volgman, del Rush Universal Medical Center, e il suo gruppo di lavoro, in un editoriale di accompagnamento, suggeriscono nel dettaglio vari meccanismi attraverso i quali il sesso femminile potrebbe conferire un vantaggio protettivo contro l’infezione da Covid-19. Uno di questi potrebbe essere il cromosoma X in più, che trasporta più geni responsabili dell’immunità innata e adattativa. Gli editorialisti sottolineano però che, sebbene le donne abbiamo meno rischio di mortalità da Covid-19, bisogna fare attenzione a non inviare un messaggio che implichi che sia possibile offrire cure scadenti alle donne con Covid-19 o ridurre le misure per prevenire la loro infezione. “ La nostra conoscenza in evoluzione non dovrebbe ridurre l’attenzione rivolta alle donne ricoverate per Covid-19” concludono gli esperti.
Articolo tratto da: Doctor 33 21 giugno 2021
Journal of Women’s Healt 2021.Doi: 10.1089/jwh.2020.8974
https://doi.org/10.1089/jwh.2020.8974
Journal of Women’s Healt 2021.Doi: 10.1089/jwh.2021.0110
https://doi.org/10.1089/jwh.2021.0110